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Ricerche a lungo termine sugli ecosistemi forestali al Sud delle Alpi: i risultati
26.02.2025
Prospettive
Abstract
Il monitoraggio e lo studio dei boschi al Sud delle Alpi ci hanno consentito di approfondire le conoscenze sugli effetti di cambiamenti climatici e inquinamento atmosferico: frequenza e intensità di eventi siccitosi sono aumentate; la qualità dell’aria negli ultimi 30 anni è sensibilmente migliorata in seguito all’adozione di misure per la riduzione di emissioni, ma, in certe zone, deposizioni azotate e ozono destano ancora preoccupazione.
Keywords: forest decline, long-term forest ecosystem research, forest monitoring, forest ecology
Schweiz Z Forstwesen 176 (2): 68–71.https://doi.org/10.3188/szf.2025.0068
* Zürcherstrasse 111, CH-8903 Birmensdorf, e-mail paolo.cherubini@wsl.ch
A partire dagli anni ’70 del secolo scorso, dapprima in Germania poi nei boschi dell’intera Europa centrale, fu osservato il deperimento dell’abete bianco (Abies alba Mill.), denominato «moría dell’abete bianco» (in tedesco Tannensterben). Quando poi sintomi di deperimento furono osservati anche su altre specie si parlò di «moría del bosco» (Waldsterben). Alcune foreste in zone particolarmente inquinate intorno a impianti industriali sorgenti di inquinanti atmosferici, come nel caso delle foreste dell’Erzgebirg nel cosiddetto «Schwarzes Dreieck» (Triangolo Nero), ai confini fra Germania, Polonia e la Repubblica Ceca, furono particolarmente colpite e devastate. Qui la morte di intere foreste fu evidentemente causata da locali emissioni di inquinanti, soprattutto di anidride solforosa (SO2). L’inquinamento atmosferico fu presto ritenuto responsabile anche del più diffuso deperimento del bosco osservato su scala regionale in tutta Europa. I mass media provocarono un diffuso allarme nella popolazione europea. La pubblica opinione indusse i governi europei e le organizzazioni internazionali ad adottare misure per ridurre le emissioni di inquinanti e a investire fondi nel monitoraggio degli ecosistemi forestali e nell’ecologia forestale.
In Svizzera, per valutare gli effetti di inquinamento e cambiamenti climatici sul bosco, nel 1994, l’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL, con l’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM), iniziarono monitoraggio e ricerche, le Ricerche a lungo termine sugli ecosistemi forestali, in tedesco Langfristige Waldökosystemforschung (LWF) (figura 1), sotto l’egida dell’ICP Forests, un programma delle Nazioni Unite (ONU) e della Commissione europea (attualmente coordinato da un ricercatore del WSL).

Come stanno i nostri boschi?
Definire lo stato di salute del bosco è difficile come definire quello di popolazioni umane. Quali sono gli indicatori che possono essere utilizzati? È l’aspettativa media di vita di un albero in un bosco? E se questa fosse, per poterla comparare con quella del passato, come fare a sapere quella di alberi vissuti 100 o 200 anni fa? E quali tassi di mortalità distinguono una foresta in salute da una deperiente? È evidente che, per poter rispondere a tutte queste domande, è necessaria una chiara definizione di vitalità dell’albero e di salute del bosco, che tuttora manca (Cherubini et al 2021).
La trasparenza delle chiome è stata ritenuta il migliore indicatore della condizione degli alberi. Sebbene la sua determinazione sia stata criticata perché soggettiva, la salute delle foreste europee è stata valutata negli scorsi 40 anni usando questo indicatore (figura 2). Il patrimonio di dati acquisito col programma Sanasilva ha mostrato che la maggior parte della variabilità della trasparenza delle chiome è il risultato di eventi siccitosi. Anche l’accrescimento degli alberi è sempre stato ritenuto un ottimo indicatore della loro vitalità, nonostante i limiti rilevati nella sua determinazione e il suo significato, non diagnostico (Cherubini et al 2021). Comunque, nelle ricerche sugli ecosistemi forestali in Europa vengono monitorati anche i processi che avvengono nell’aria, nel suolo e nell’acqua dei nostri boschi (Ferretti & Fischer 2013).
Inquinamento atmosferico
Nonostante che le cause del deperimento rimangano tuttora poco chiare, importanti risultati sono stati ottenuti. È ancora da chiarire il ruolo giocato sul deperimento osservato a scala regionale dall’aumento di frequenza e intensità di eventi di siccità accanto a quello dell’inquinamento atmosferico. Alcuni sintomi osservati dopo la siccità del 1976, quali perdita di aghi e foglie dopo il loro imbrunimento, sono stati poi ripetutamente osservati anche dopo le varie siccità succedutesi negli ultimi decenni (Cherubini et al 2021).
Grazie alle misure prese in seguito al temuto «Waldsterben», le emissioni azotate, di zolfo e di altri inquinanti atmosferici derivanti da attività umane in Svizzera negli ultimi decenni sono sensibilmente diminuite. In particolare, le immissioni di zolfo nelle foreste oggi sono molto basse, grazie alla riduzione delle sue emissioni di più del 90%.
Per quanto riguarda le emissioni di azoto, è più difficile tracciare un bilancio complessivo, perché, se da una parte le emissioni di ossidi di azoto (NOx) da processi di combustione (ad esempio, da industrie) sono fortemente diminuite, quelle di ammoniaca (NH3) da attività agricole e dagli allevamenti lo sono molto meno.
Nel 90% dei siti forestali vengono superati quelli che vengono definiti i critical loads (carichi critici) di azoto. I critical loads per l’azoto sono quelle deposizioni al di sotto delle quali non vengono causati danni significativi negli ecosistemi; per la Svizzera, sono stati calcolati tenendo in considerazione i rilievi effettuati annualmente negli ultimi decenni dalle reti di monitoraggio, da esperimenti in laboratorio, serra e bosco. Dal 1990 al 2020 le deposizioni totali di azoto sono diminuite del 26%. Nel complesso, nonostante il generale sviluppo positivo, le deposizioni azotate costituiscono tuttora un problema (figura 3), che induce l’acidificazione dei suoli, che si traduce in una diminuzione dei cationi basici disponibili per le piante. I cambiamenti indotti nella chimica della soluzione acquosa del suolo possono durare a lungo nel futuro, e dunque preoccupano. Particolarmente preoccupante è la diminuzione delle concentrazioni di fosforo nelle foglie di faggi e di abeti bianchi e rossi.
L’ozono troposferico in Ticino
L’ozono è un gas presente nell’atmosfera che a basse quote, nella troposfera, viene formato in condizioni di elevata radiazione solare e presenza di ossidi di azoto e idrocarburi. L’ozono è dannoso per animali e piante. Nelle piante l’ozono provoca danni alle foglie, provocandone il precoce imbrunimento e la caduta. Nonostante uno studio effettuato nel vivaio forestale di Lattecaldo (TI) abbia dimostrato che l’accrescimento degli alberi non viene influenzato dall’ozono perché i danni alle foglie avvengono quando gli anelli degli alberi sono già quasi completamente formati (Novak et al 2007), recentemente uno studio epidemiologico ha rilevato una diminuzione di accrescimento in faggio e abete rosso in Svizzera (Braun et al 2022). Questi controversi risultati mostrano come sia difficile capire l’azione dell’ozono sui processi fisiologici delle piante. L’ozono infatti provoca danni alle piante se entra dentro le foglie attraverso le aperture stomatiche. Per una valutazione del rischio dovuto a determinate concentrazioni di ozono è dunque decisivo determinare quanto ozono venga effettivamente assorbito dalle piante, il cosiddetto «flusso di ozono», più che le concentrazioni di ozono nell’atmosfera. I flussi di ozono dipendono dalle condizioni ambientali. Durante estati siccitose le piante chiudono gli stomi per ridurre la perdita di acqua, e l’ozono quindi non penetra nelle foglie. I flussi di ozono variano anche da specie a specie. Attraverso monitoraggio ed esperimenti sono stati stabiliti i valori soglia per diverse specie forestali.
Negli anni ’90 del secolo scorso, nei boschi del Canton Ticino, su varie latifoglie, furono notati sintomi molto simili a quelli che nell’America del Nord vengono di solito attribuiti ad alte concentrazioni di ozono troposferico. Fu anche notato come la loro distribuzione geografica coincidesse con quella di elevate concentrazioni di ozono, con una maggiore presenza di danni nel Ticino meridionale, che si affaccia sulla Pianura Padana. Caso, dunque, di inquinamento transfrontaliero? In parte sì; ma certamente anche in Ticino c’è una notevole produzione di ozono a livello locale, dovuto a inquinamento da traffico automobilistico e alta radiazione solare, soprattutto d’estate.
Per verificare che i sintomi osservati fossero davvero causati dall’ozono, fu impiantata una struttura sperimentale a Lattecaldo. Qui, per mezzo di camere a cielo aperto e utilizzando l’aria naturale dell’ambiente circostante, anziché tramite costose fumigazioni con aria arricchita di ozono, vennero condotti esperimenti sugli effetti dell’ozono sugli alberi forestali. Il risultato fu chiaro: alte concentrazioni di ozono troposferico causano danni nei nostri boschi. I risultati sono stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali, e contemporaneamente oggetto di una campagna di divulgazione scientifica. Sono stati divulgati attraverso conferenze e contributi a convegni, interviste rilasciate a televisioni e radio, articoli su giornali locali e nazionali, su riviste specialistiche rivolte a forestali, e su quelle di divulgazione scientifica ad ampia diffusione (anche in Italia). È stata inoltre organizzata una mostra (Cherubini & Moretti 1999) rivolta al grande pubblico. Oltre a circolare nelle scuole del Canton Ticino, e in un grande centro commerciale nei pressi di Chiasso, la mostra è stata esposta in una scuola di Zurigo, dove classi delle scuole zurighesi la hanno potuto visitare (Cherubini et al 2002).
E proprio a Lattecaldo, inoltre, furono sviluppate collaborazioni con ricercatori italiani che si occupano dell’argomento. Per una soluzione di un simile problema quale quello delle elevate concentrazioni di ozono troposferico, di natura transfrontaliera, fu infatti avvertita la necessità di una stretta collaborazione internazionale. Queste collaborazioni, tuttora vive e vivaci, hanno consentito di capire meglio come l’ozono modifichi i processi fisiologici delle piante.
Danni da siccità
Nel corso degli ultimi due decenni su tutto il pianeta sono stati riportati sempre più spesso fenomeni di deperimento del bosco dovuti a sempre più frequenti e severe siccità. In Svizzera, nelle pinete di pino silvestre (Pinus sylvestris L.) del Vallese furono notati i primi danni dovuti a siccità (Rigling & Cherubini 1999). Questi fenomeni di deperimento sono causati da eventi estremi di siccità estiva (Hunziker et al 2022) che provocano poi attacchi di insetti e funghi o nematodi. Nel corso degli ultimi due decenni numerose ricerche hanno individuato due principali processi fisiologici responsabili della morte degli alberi a causa di eventi estremi di siccità:
- Processi che portano a guasto idraulico (hydraulic failure), indotti da ridotta disponibilità di acqua nel suolo e alta evapotraspirazione, che causa la cavitazione dei condotti del legno, che blocca il flusso di acqua e porta al disseccamento dei tessuti della pianta.
- Processi che portano alla carenza di carbonio (carbon starvation), indotti dalla chiusura degli stomi, che evita perdite d’acqua ma riduce l’assorbimento di anidride carbonica (CO2), e quindi una riduzione dell’attività fotosintetica, che porta la pianta a non avere sufficienti carboidrati per il metabolismo.
Ricerche sugli effetti della siccità sulla fisiologia degli alberi sono attualmente in corso in tutto il mondo, e la Svizzera e il WSL svolgono un ruolo determinante nella comunità scientifica internazionale.
Conclusioni
Le Ricerche a lungo termine sugli ecosistemi forestali (LWF) hanno portato a una preziosa banca di dati di alta qualità. Questi dati forniscono preziose informazioni a chi gestisce il territorio, sulla qualità dell’aria e i processi biogeochimici che avvengono nel suolo e nell’acqua del bosco svizzero, e al ricercatore, su come funziona il bosco. Un aiuto alla scienza e a coloro che il bosco devono gestirlo.
Inviato: 20 ottobre 2024, accettato (con revisione paritaria): 25 novembre 2024
Bibliografia
Forest Monitoring. Elsevier Ltd. Developments in Environmental Science 12: 2–507. ISBN: 978-0-08-098222-9
La divulgazione dei risultati di dieci anni di ricerca sui danni da ozono troposferico nei boschi in Svizzera. Informatore Fitopatologico 52: 48–51.
L’ozono nel bosco ticinese. Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL). Birmensdorf: Sezione forestale, Bellinzona: Dipartimento del territorio, Cantone Ticino. 20 pp.
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Epidemiological estimate of growth reduction by ozone inFagus sylvaticaL. andPicea abiesKarst.: sensitivity analysis and comparison with experimental results. Plants 11: 777.https://doi.org/10.3390/plants11060777
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Wieso sterben die Waldföhren im «Telwald» bei Visp? Eine Zusammenfassung bisheriger Studien und eine dendroökologische Untersuchung. Schweiz Z Forstwes 150: 113–131.